LA VIDEO ASSISTANT REFEREE
Da quando l’IFAB, l’organo internazionale che si occupa di aggiornare le regole del calcio, ha dato il via libera all’aiuto tecnologico agli arbitri, è cominciata sui campi di tutto il mondo una vera e propria rivoluzione, che sembra non aver fine.
Scommetti se ci sarà l'utilizzo del VAR con William Hill
Che piaccia oppure no, il VAR, che sta per Video Assistant Referee, è destinato a rimanere, anche alla luce delle tante problematiche di interpretazione che spuntano fuori con una certa costanza. E quindi, sia per gli addetti ai lavori che per i semplici tifosi, c’è stato anche bisogno di aggiornare il vocabolario.
L’utilizzo delle immagini video e il relativo protocollo hanno infatti portato a diventare famosi (in un senso o nell’altro...) alcuni termini che prima non esistevano o che comunque erano di uso esclusivo del gergo arbitrale. Ecco qui dunque un mini-glossario che può aiutare a navigare nelle acque a volte non semplici del VAR.
CHI È E COSA FA IL VAR
E si comincia proprio dallo stesso termine, VAR, che è diventato il nome dello strumento ma che in origine simboleggia l’arbitro preposto ad aiutare il collega attraverso l’ausilio del video.
Il Video Assistant Referee è dunque un direttore di gara, in attività oppure ritirato, che è il referente principale per quanto riguarda il controllo di tutte le possibili situazioni da rivedere. Spetta al VAR, e solo al VAR, consigliare all’arbitro in campo la possibilità di rivedere una decisione.
IL SIGNIFICATO DI AVAR
E l’AVAR? Come suggerisce quella “A” in più, che sta per “assistant”, l’AVAR è il numero due degli arbitri davanti al video. Il suo ruolo principale è quello di passare al controllo dell’azione in tempo reale quando il VAR è impegnato nel controllo di una situazione di gioco. In alcuni casi ci sono anche altri arbitri addetti al video, che hanno diverse funzioni.
Esiste dunque un offside VAR, il VAR che si occupa specificamente dei casi di fuorigioco, ma anche un VAR di supporto, che si occupa delle comunicazioni tra la sala in cui vengono riviste le situazioni e il feed televisivo del match.
Il compito del VAR e dei suoi assistenti è quello di individuare le situazioni in cui l’arbitro in campo abbia compiuto un “chiaro ed evidente errore” oppure in caso di “grave episodio non visto”. Se la seconda è una situazione che si spiega da sé, la prima è quella che nel corso degli anni ha causato più problemi.
Tanto per fare un esempio, se un contatto anche minimo c’è stato e l’arbitro ha assegnato un calcio di rigore, non si tratta di “chiaro ed evidente errore” perchè legato a una valutazione soggettiva del fischietto su una situazione comunque avvenuta (il contatto). Nel caso invece il contatto non ci sia, si prefigura l’errore e il VAR può intervenire.
I CASI DI INTERVENTO DEL VAR
Giova comunque ricordare che il VAR può effettuare una revisione dell’azione solo in quattro casi.
- Il primo è quello gol/no gol, quindi per vedere se c’è una irregolarità nella marcatura di una rete.
- Il secondo è la concessione o la revoca di un calcio di rigore.
- Il terzo riguarda la decisione su un cartellino rosso diretto, che può essere confermata, ribaltata oppure, nel caso l’arbitro non abbia espulso un calciatore passibile di allontanamento, suggerita.
- L’ultimo caso è quello dello scambio di identità nell’assegnare un cartellino a un calciatore.
IL MOMENTO DEL CHECK
Quando il VAR determina un errore riconducibile a uno dei quattro casi, arriva il check. Si tratta del controllo al video effettuato dal VAR. Il check può essere un “silent check”, situazione in cui il gioco continua ad andare avanti con il VAR che conferma che non c’è stato errore.
Nel caso invece ci sia bisogno di un controllo più lungo, alla prima interruzione di gioco l’arbitro fa cenno ai calciatori indicando il suo auricolare, spiegando che c’è in corso un check video.
- Il risultato del check può portare a tre situazioni diverse.
- La prima è la ripresa del gioco una volta verificato che non c’è stato errore.
- La seconda è che la decisione venga ribaltata su consiglio del VAR. La terza invece porta alla On-Field Review da parte dell’arbitro.
QUANDO OPERA L'ON FIELD REVIEW
L’On-Field Review non è obbligatoria, anzi, quando l’errore è legato a dati oggettivi (come nel caso di un fuorigioco o della posizione di un fallo, dentro o fuori area), il VAR può consigliare una decisione anche senza che l’arbitro si rechi alla posizione video.
L’OFR è invece quasi sempre consigliata quando la situazione prevede una valutazione soggettiva da parte dell’arbitro. In quel caso il fischietto fa il gesto dello schermo e si avvia verso la Referee Review Area (RRA), in cui gli vengono mostrati dall’RO (replay operator) dei replay dell’incidente di gioco da diverse angolazioni.
Una volta terminata la review, l’arbitro fa di nuovo il gesto dello schermo e prende una decisione.
IL FUORIGIOCO SEMIAUTOMATICO
Tra i casi oggettivi c’è quello del fuorigioco, che in Italia (e in altre competizioni) viene gestito attraverso uno strumento che si chiama fuorigioco semi-automatico.
A differenza di quanto possa far pensare il nome, non si tratta di uno strumento “robotico” in grado di decidere la posizione di un calciatore, ma di un sistema di telecamere e geolocalizzazione che facilita e restringe i tempi delle decisioni sull’offside.
Invece della necessità per VAR e AVAR di piazzare le linee sul campo, il fuorigioco semi-automatico crea un rendering in 3D della posizione dei calciatori al momento del tocco del pallone, stabilendo se una parte del corpo è in fuorigioco oppure no.
Tutti quelli descritti finora sono termini “nuovi”, entrati nel gergo calcistico dall’introduzione dal VAR. Ce ne sono però un paio che esistevano già, ma che difficilmente venivano utilizzati se non per le discussioni legate alla moviola.
LA DIFFERENZA TRA DOGSO E SPA
E che dunque, con l’utilizzo dell’ausilio video, sono diventati fondamentali per spiegare meglio le decisioni prese. Quando il VAR valuta l’assegnazione o la revoca di un cartellino rosso, può dover capire se si trova davanti a un DOGSO (denial of goal scoring opportunity), quindi alla negazione di una occasione da gol.
In caso di DOGSO il regolamento parla di cartellino rosso diretto (tranne nel caso in cui venga concesso un calcio di rigore), dunque al VAR ed eventualmente all’arbitro in campo tocca valutare la posizione in cui è avvenuto il fallo e la direzione dell’azione, la distanza dalla porta di chi è in possesso del pallone e la possibilità per altri difensori di intervenire nel caso non si verificasse il fallo.
Se non ci sono i requisiti per il DOGSO, il fallo viene “derubricato” a SPA, ovvero “stopping a promising attack”, fermare un’azione d’attacco promettente.
Lo SPA viene sanzionato con il giallo, dunque non può essere sottoposto a VAR nel caso l’arbitro non lo abbia fischiato (in quanto non soddisfa uno dei quattro requisiti), ma può portare alla revoca del rosso già assegnato nel caso si decida che l’azione era promettente, ma non da espulsione.
Insomma, il VAR non ha solo rivoluzionato il calcio in campo, ma anche...nelle parole utilizzate!
*L'immagine di apertura dell'artcolo è distribuita da Alamy.