IL FUORIGIOCO NEL CALCIO

Per raccontare la storia del fuorigioco è necessario partire da un presupposto. All'inizio, il fuorigioco non esisteva. Ma forse in realtà sì. Negli incontri della prima metà del XIX secolo si giocava con un'ampissima varietà di regolamenti, ognuno elaborato dalla squadra di casa e totalmente diverso dall'altro (basti pensare che neanche il numero di giocatori in campo era prefissato).

La maggior parte delle Rules, però, era d'accordo su un punto: la palla, se era proprio necessario che venisse data ad un compagno di squadra, poteva essere passata solo all’indietro, come nel rugby. Di conseguenza, ogni giocatore che si venisse a trovare davanti alla linea del pallone era in posizione di offside.

Ma quando verso il 1850 i set di regole cominciano ad essere messi per iscritto e il divieto di passare la palla in avanti viene eliminato, cominciano i problemi. 

A Sheffield, per esempio, il fuorigioco non piace granché, tanto che nelle Sheffield Rules del 1858 non se ne fa minimamente menzione. Anzi, il gioco a quelle latitudini prevedeva l'esistenza di un calciatore il cui ruolo era letteralmente rimanere al limite dell'area avversaria e raccogliere eventuali lanci lunghi.

Più a sud si era di opinione opposta. Le Cambridge Rules forse esageravano, ma stabilivano irrevocabilmente che per essere in gioco su un pallone passato in avanti da un compagno, un calciatore doveva avere davanti a sé "più di tre membri della squadra avversaria". 

E diventa necessaria subito una piccola precisazione; nella descrizione comune della regola, il portiere viene solitamente incluso nel numero dei difensori in maniera sottintesa. Quando si parla di "tre membri", si può essere ragionevolmente certi che uno dei tre sia il portiere.

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ALLE RADICI DEL FUORIGIOCO

Naturalmente questa omissione genera parecchia confusione al momento di dover spiegare la regola ai neofiti. Comunque, dopo un decennio di tira e molla e discussioni, a Sheffield si decide di allinearsi alla Football Association, che aveva adottato le Cambridge Rules; la regola viene in ogni caso ammorbidita, cambiando l'espressione "più di tre" con la più permissiva "almeno tre".

Non che questo risolvesse tutte le questioni. Nel 1905 si rende infatti necessario un ulteriore cambiamento.

La regola non include una specifica zona di campo nella quale essere applicata; di conseguenza, spesso e volentieri un calciatore poteva trovarsi in offside anche al limite della propria area. Si decide dunque di limitare il raggio di azione del fuorigioco alla metà campo offensiva.

Ma il regolamento, come spesso accade, lascia comunque spazio all'immaginazione. Se l'avversario deve trovarsi davanti almeno tre giocatori (portiere compreso) per essere in posizione non punibile, cosa impedisce a uno dei due difensori dell'epoca di lasciare indietro il suo compagno di reparto, avventurarsi giusto al di là della metà campo avversaria e lasciare così automaticamente in offside chiunque mettesse piede al di là della linea centrale del campo?

IL RICORSO ALLA TATTICA DEL FUORIGIOCO

Grazie all'applicazione di questa primitiva "trappola del fuorigioco", gli anni 20 vedono un vero e proprio digiuno di reti nei campionati inglesi. Si rende quindi necessaria l'ennesima modifica e nel 1925 il numero di avversari sufficienti per trovarsi in fuorigioco scende a due, cifra che continua ad essere valida tutt'oggi.

Questo apparentemente leggerissimo cambiamento ha un'enorme influenza sullo sviluppo della tattica calcistica, scatenando un effetto domino.

La riforma ottiene comunque l'effetto sperato e da allora la regola ha subito solo leggerissime modifiche. Nel corso degli anni si è spesso addossata a uno sfruttamento sistematico del fuorigioco la scarsa spettacolarità di alcune partite. C'è da sempre chi sostiene che l'offside renda il gioco troppo frammentario e che vada applicato solamente a ridosso e dentro l'area di rigore.

Negli anni 70 la Federazione Scozzese decide quindi di sperimentare nella League Cup la cosiddetta "area di offside", allungando le linee dell'area di rigore fino a quella del fallo laterale e applicando la regola solo nella zona risultante. L'esperimento non ha però successo e viene accantonato in breve tempo. 

LA PUNTA IN LINEA CON L'ULTIMO DIFENDENTE

I grandi cambiamenti regolamentari degli anni 90, volti alla spettacolarizzazione di un gioco diventato lento, ultra-difensivo e di conseguenza noioso, hanno infine lasciato in eredità alcuni dei cavilli più controversi della regola.

Ad esempio, se prima era necessario trovarsi dietro l'ultimo difensore per essere considerato in gioco, ora, per vedere convalidato un gol ed aggiornare il relativo live calcio, basta essere "in linea". Ma cosa si intende con "in linea"?

La segnalazione di un fuorigioco in Champions

Le interpretazioni sono varie: fino a qualche anno fa per considerare la posizione regolare era necessario che tra i corpi dei due calciatori non ci fosse luce. Le direttive più recenti sostengono invece che ci si trova in offside se qualsiasi parte del corpo utilizzabile per segnare (quindi tutte, tranne le mani) è avanti rispetto all'ultimo difensore.

Il che ha portato alla comparsa nelle cronache calcistiche di improbabili ginocchia, spalle e persino nasi in fuorigioco, nonché a innumerevoli polemiche. 

IL FUORIGIOCO PASSIVO

Tutto questo però non è nulla rispetto al caos che ha creato il cosiddetto "fuorigioco passivo". Una volta, se un giocatore era al di là della linea, era in fuorigioco, punto. Ma questo portava a volte a fermare azioni pericolose perché magari dall'altra parte del campo un giocatore, che non aveva la minima opportunità di intervenire, era in posizione di offside.

Si è quindi tentato di ovviare a questo problema stabilendo che se un giocatore "non è in posizione di influire sull'azione" oppure lo è ma si "disinteressa del pallone", il fuorigioco non è punibile.  Ma se il nostro eroe, una volta che si è disinteressato della sfera e tornato in posizione regolare, viene chiamato in causa dal compagno che l'ha ricevuta? Torna punibile il fuorigioco precedente. 

IL VAR E IL FUORIGIOCO SEMIAUTOMATICO

Come sappiamo bene da appassionati di scommesse calcio oggi, la tecnologia, poi, ci ha messo del suo. Con l’introduzione del VAR, le chiamate immediate per fuorigioco sono diminuite, perchè il guardalinee ormai ci pensa due volte prima di sbandierare, conscio che i colleghi dietro allo schermo controlleranno per lui se effettivamente l’azione comprendeva qualcuno in offside.

Un arbitro al VAR

Nei primi tempi dell’aiuto tecnologico agli arbitri venivano tracciate delle linee a schermo per dirimere i dubbi, ma l’ultima grande novità, che in teoria dovrebbe eliminare il problema delle chiamate sbagliate, è il fuorigioco semi-automatico.

Con 12 telecamere negli stadi che tracciano i movimenti dei calciatori in ogni momento, i sistemi tecnologici sono in grado di stabilire con una certa velocità e precisione se effettivamente qualcuno era al di là della linea.

Insomma, sin dalle prime codificazioni del gioco più bello del mondo, quello del fuorigioco è sempre stato un concetto aleatorio, in continua evoluzione.

Il VAR ed il fuorigioco

E quindi a tutti i tifosi, commentatori e opinionisti che si affannano per studiare ed interpretare a fondo la regola, non resta che dare un solo consiglio: meglio lasciare stare. Tanto è più che probabile che fra un paio di anni si debba ricominciare di nuovo da capo.

Pansa prepara contenuti calcistici e scrive testi sullo sport italiano. Le partite iniziano da 0-0: più divertente segnare un gol in più che subirne uno in meno