La storia del gioco va di pari passo con quella dell’uomo, che da sempre si diverte a scommettere su questo o su quell’avvenimento o a puntare del denaro giocando contro qualcun altro o contro il “banco”.
I primi dadi rinvenuti hanno circa 7000 anni, giochi da tavola simili al backgammon hanno un’origine ai tempi degli egizi, per non parlare dei greci o ancora di più dei romani, a cui era proibito il gioco ma che potevano scommettere, tanto sulle corse al circo quanto sui combattimenti dei gladiatori.
Ma quand’è che si sono sviluppate le prime case da gioco vere e proprie, future progenitrici dei moderni casinò? Qual è il primo luogo al mondo in cui si è creata una struttura fatta appositamente per il gioco d’azzardo? La risposta sta in una splendida città, costruita su una laguna tra ponti e calli: Venezia.
Se si cerca il primo casinò vero e proprio, bisogna tornare al 1638 quando nasce il Ridotto del Palazzo Dandolo di San Moisè. Si tratta, come suggerisce il nome, di una parte del palazzo del patrizio Marco Dandolo (erede di una delle famiglie più in vista della città, che ha dato alla Serenissima parecchi Dogi tra cui Enrico, che ha conquistato Costantinopoli durante la Quarta Crociata), adibita appunto a sala da gioco.
IL PRIMO CASINÒ AL MONDO
All’interno la privacy dei giocatori era garantita dalla pratica di indossare la Bauta, la classica maschera veneziana, un dettaglio che viene riprodotto anche in un celebre dipinto, intitolato appunto Il Ridotto, del pittore veneziano Francesco Guardi.
Il casinò apriva il 26 dicembre, il giorno dopo Natale, per rimanere in attività per tutto il periodo del Carnevale, chiudendo dunque il Mercoledì delle Ceneri. La gestione della sala da gioco era appannaggio dello Stato, che tra l’altro pagava lo stipendio agli…antenati dei croupier.
A gestire i giochi c’erano infatti persone scelte tra le famiglie nobiliari meno abbienti della città, detti Barnabotti perché solitamente frequentavano la zona di campo San Barnaba, dove è ubicata l’omonima chiesa.
Tra i giochi più diffusi all’epoca c’erano il Faraone, gioco d’azzardo con le carte molto apprezzato persino dalla regina di Francia Maria Antonietta, la Bassetta, così chiamato perché ai giocatori venivano date solo le carte dall’1 al 5 (quindi quelle più basse) o il Biribissi, un gioco che ha parecchie similitudini tanto con la tombola quanto con la roulette.
I RACCONTI DI CASANOVA
Oltre alla sala da gioco vera e propria, erano presenti altre sale in cui era possibile bere e mangiare, dividendo ovviamente la scelta tra dolce (pasticceria e bevande calde) e salato (formaggi e vini). A raccontare qualcosa in più del Ridotto del Palazzo di San Moisè è uno dei suoi avventori più celebri, Giacomo Casanova.
Il leggendario scrittore e avventuriero veneziano ha infatti descritto in alcuni dei suoi scritti (come “Storia della mia vita”) le camere da letto del Ridotto, in cui veniva servito da mangiare attraverso delle fessure che rendevano impossibile guardare al di fuori e capire chi ci fosse nella sala e cosa stesse facendo.
Se a metà seicento il Ridotto era l’unica casa da gioco legale, si calcola che ai tempi di Casanova (quindi un secolo dopo) le sale da gioco autorizzate fossero oltre un centinaio, ma nessuna poteva vantare la storia e la tradizione del Ridotto. Ma siccome ogni storia ha un inizio e una fine, anche il Ridotto ha dovuto chiudere i battenti.
Nel 1774 infatti il Consiglio dei Dieci della Serenissima decide di chiuderlo per ragioni di ordine pubblico, tra cui la sgradita presenza di personaggi non proprio raccomandabili come un plotone di usurai.
Ma la chiusura del Ridotto non termina la storia del Casinò di Venezia, che nel corso dell’ultimo secolo ha vissuto altre incarnazioni.
IL PALAZZO DEL CASINÒ
Negli anni Trenta del Novecento, per esempio, è stato creato in appena otto mesi il Palazzo del Casinò, costruito al Lido, destinato a essere la sede estiva del Casinò di Venezia. A progettarlo è stato l’ingegnere capo del comune, Eugenio Miozzi, che nel 1938 ha terminato un palazzo di puro stile razionalista che era collegato agli altri due luoghi simbolo del Lido, l’Hotel Excelsior e il Palazzo del Cinema, attraverso un tunnel sotterraneo.
Le decorazioni, con marmi e soprattutto vetri di Murano, hanno reso il Casinò al Lido un luogo molto popolare fino agli anni Novanta, quando ne è stata decretata la chiusura.
Nel frattempo però era stata aperta quella che è la nuova sede del Casinò, in pieno centro, a Ca' Vendramin Calergi, in un palazzo che si affaccia sul Canal Grande.
In un classico palazzo patrizio di epoca rinascimentale, che è stato anche l’ultima dimora del celebre compositore tedesco Richard Wagner (a cui è dedicato un museo all’interno della struttura), è possibile giocare e divertirsi, con la presenza di un ristorante, di un salone per le feste al piano nobile e di un giardino che affaccia sul canale.
Ma c’è anche un’altra sede, stavolta sulla terraferma, in Ca' Noghera, a pochi passi dall’aeroporto Marco Polo. Quello di Ca' Noghera è stato definito il primo “casinò all’americana” in terra italiana e offre, oltre a un’ampia serie di giochi come la roulette, anche un bar, un ristorante e una terrazza.
IL DRESS CODE RICHIESTO DAL CASINÒ DI VENEZIA
Naturalmente, per andare a giocare al Casinò di Venezia bisogna presentarsi vestiti di tutto punto. C’è infatti un dress code per l’accesso, che varia tra la sede di Ca’ Vendramin Calergi e quella di Ca’ Noghera.
Nel palazzo che fu di Wagner, infatti, chi vuole giocare all’area slot può anche indossare un abbigliamento casual, ma per chi vuole godere dell’esperienza del privè deve vestirsi in maniera adeguata e, di sera, indossare anche la giacca. Rigorosamente vietato l’abbigliamento da spiaggia, dunque niente pantaloncini, canotte e sandali.
Insomma, tra location entrate nella storia e un ambiente come quello di Venezia, che si presta decisamente al glamour del mondo del gioco d’azzardo, non sorprende che siano molti quelli che si fanno affascinare da quella che è la sala da gioco più antica del mondo.
E se ormai Las Vegas è diventata la città simbolo del gioco, non si può certo dimenticare il luogo dove tutto è cominciato, tra tavoli, maschere, calli e canali…